mercoledì 19 marzo 2014

ACCADE NELLA NOSTRA SCUOLA - lettera a La Repubblica

Sabato scorso è apparsa su Repubblica nella rubrica "Posta celere" di Piero Colaprico, sulle pagine di Milano, una lettera che raccontava un bell'episodio accaduto nella nostra scuola. Riportiamo la lettera e la risposta del giornalista.



Una lezione di vita in perfetto mandarino
UNA prima media della «mezza periferia» di Milano, a forte immigrazione. Un ragazzo presenta un compito di Scienze in ideogrammi cinesi: non è una barzelletta, come d’obbligo è stato inserito secondo l’età, non secondo le competenze. Sta di fatto che l’italiano non lo conosce ancora, ma neppure la docente conosce il cinese mandarino! Però ha l’idea di chiamare una compagna, anche lei di quel paese, perché legga e, se ne è capace, traduca.
Questa, una timida e minuta undicenne, da poco arrivata anche lei in Italia, esce in punta di piedi dal banco, legge e poi, per quello che può, traduce. La classe sorride, ma non irride, è incuriosita da quella scansione cantilenante della lettura e poi da «quel che viene» nella nostra lingua. Io non posso fare a meno di applaudire trascinandomi, in questo, l’eco di tutti i compagni. La ragazzina, a modo suo, arrossisce, stupita di tanto clamore sulla sua persona, ma si vede che ne esce gratificata, una volta tanto utile e apprezzata dagli altri, quanto gli altri cercano di fare con lei. Una vicenda su cui ci sarebbe molto da riflettere.
Io che ci facevo nella classe? Sono, per così dire, il suo occasionale «docente di sostegno» per l’area scientifica, mero volontariato in quanto neo pensionato ma, in questo caso, completamente nuovo alla realtà didattica ed educativa d’oggi. Ovviamente, a ruoli invertiti, sarei out. 
                                                                                                   Ubaldo Busolin
 
Questa lettera, caro pensionato di sostegno, spero arrivi sulla scrivania di moltissime persone. È attraverso questa bambina, persone come lei, scuole di mezza periferia, che la nostra umanità può camminare, correre, respirare, oppure zoppicare, annaspare, rischiare. C’è chi divide e chi unisce, in questo mondo, e quando lei dice che la classe «non irride» va a toccare un tema che chiunque abbia figli alle elementari, alle medie, alle prime classi dei licei, conosce: quel «mi piace» di facebook usato per far male, quel bulletto che prova a imporre la sua legge, quell’insegnante che sta fallendo sia la missione educativa, sia forse la sua vita, e se la prende con lo studente più fragile. È tutto questo, a volte, che viene scagliato addosso all’immigrato, o al ragazzino adottato, alla ragazzina meno «corazzata», alla persona che fatica a stabilire i confini tra sé e il mondo che lo circonda. Perciò, una lezione di mandarino, eccome se può aiutarci: grazie alla sua lettera «inside».
                                                                           Piero Colaprico




 

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