Anche quest'anno il nostro compagno, appassionato di storia e di battaglie , mentre studiavamo il Risorgimento ha voluto approfondire le vicende della battaglia di Custoza e di Lissa e poi ce le ha raccontate in classe. Pubblichiamo nel blog il suo lavoro, perchè anche chi non lo ha ascoltato possa leggerlo.
Lavoro di Stralesso di Ingandra
Le battaglie di Custoza e Lissa
Custoza:
Il preludio della battaglia
Disporre di 20 divisioni per
200.000 uomini e mandarne in campo solo 5 é una tattica suicida. E, infatti, la
battaglia di Custoza, avvenuta il 24 giugno 1866, fu segnata ancor prima di
cominciare.
Separati
Gli alti comandi italiani
stabilirono per l’invasione del Veneto di dividere in due tronconi l'esercito;
il primo composto da 12 divisioni, al comando di Alfonso La Marmora, doveva
attaccare il Veneto da Ovest, il secondo, forte di 8 divisioni, di Enrico
Cialdini, doveva attaccare il Po e prendere gli austriaci alle spalle. Il
generale La Marmora, attraversò il Mincio il 23 giugno entrando in Veneto,
pensando, in buona fede, che gli austriaci rimanessero a difendersi dietro
l’Adige. Fu il classico caso del nemico che non si comporta come dovrebbe.
Infatti, gli austriaci si diressero contro gli italiani, che nel frattempo si
erano portati al centro del quadrilatero, pensando di interrompere i
collegamenti tra Verona, Mantova, Peschiera e Legnano.
Quando le truppe entrarono in
contatto la mattina del 24 giugno, si accesero combattimenti isolati, scaramucce che
si trasformarono in una battaglia vera e propria. I comandanti di divisione
italiani però non comunicarono tra loro, muovendosi indipendentemente l’uno
dall’altro, sfaldando il fronte, che si distrusse del tutto quando La Marmora,
ordinò la ritirata in uno scontro che non era ancora perso. In seguito alla
vittoria, gli austriaci rimasero increduli di fronte all’esercito italiano che
si ritirava, nonostante i soli 600 morti italiani contro 1800 austriaci.
Lissa:
La Gibilterra dell’Adriatico
La battaglia di Lissa ebbe
origini prevalentemente strategiche. Infatti, dopo che la navigazione divenne
d’alto mare con l’introduzione dei vascelli, Lissa ebbe il ruolo che per secoli
era stato di Zara, ossia il punto da cui controllare l’Adriatico. Infatti,
l’isola era posta più o meno al centro dell’Adriatico, e da lì si poteva riuscire
a controllare il traffico navale nella zona.
Sfida sul mare
Il neonato Regno d’Italia aveva dunque ben chiara
l’importanza di Lissa, e il 16 luglio 1866 inviò a conquistarla la flotta, al
comando dell’ammiraglio Persano, un torinese che non doveva essere un gran
marinaio, se dieci anni prima si era incagliato con la sua nave mentre a bordo
era presente il Re. A contrapporsi, la flotta austriaca di Von Tegetthof, che a
dispetto delle sue origini alpine aveva all’attivo già una vittoria navale. La
squadra italiana era forte di ben 12 corazzate, fra cui il modernissimo
"Affondatore", dotato di cannoni in torrette girevoli sul ponte. Le artiglierie
italiane presero quindi a battere le difese costiere dell’isola, che furono
completamente distrutte, tanto da convincere Persano a telegrafare a Roma “La
Gibilterra dell’Adriatico è conquistata”. Peccato che i fanti di marina che
dovevano sbarcare non avessero ancora messo piede sull’isola. Le operazioni
vennero avviate la mattina successiva, contemporaneamente all’arrivo della
flotta di Tegetthof, avvistata per prima dall’"Esploratore", che segnalò: “Navi
in vista, flotte austriache”. Ne facevano parte solo 7 corazzate, oltre ad
alcune vecchie unità, tra cui il "Kaiser", di cui tornerò a parlare.
Speronati
L’unica possibilità di Tegetthof, data
l’inferiorità numerica, era stringere le distanze e speronare le unità
italiane. Persano commise a questo punto due formidabili errori: recuperare i
mezzi da sbarco carichi di soldati, e trasferirsi dal "Re d’Italia"
all’"Affondatore", rallentando la flotta e aprendo un varco nella linea da battaglia.
Le navi austriache serrarono le distanze e cominciò il
combattimento. Dopo un po' di tempo, l’ammiraglia austriaca "Ferdinand Max", speronò
il "Re d’Italia", che, spezzata in due, affondò in pochi minuti, trascinando con
sé quasi 400 uomini su circa 600. Durante l’agonia della nave, dall’interno
dello scafo si sentì un grido unanime: “Viva L’Italia”. Nel frattempo il "Ferdinand Max" speronò anche
il "Palestro", provocando un incendio sul ponte, mentre il "Re di Portogallo" tentò
uno speronamento contro il "Kaiser", senza però affondarlo. Alle 14.30, a
combattimenti ormai conclusi, il "Palestro" in fiamme saltò in aria. Si salvarono
solo 24 uomini. Con due unità affondate, la flotta di Persano abbandonò il
campo, lasciandovi ben 600 uomini. La miglior descrizione della battaglia può
essere riassunta in questa frase: “Uomini di ferro su navi di legno, hanno
sconfitto uomini di legno su navi di ferro”.
Fonti: Focus Storia (rivista) n°4 - Wikipedia.com (sito)
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